Paolo Troilo
Italia, 1972
Ritratti di se stesso disperato
Paolo Trailo nasce a Taranto.
Frequenta l’Istituto d’arte, poi a Roma l’Istituto Europeo di Design, frequenta per cinque anni la facoltà di Architettura e di Lettere di Firenze. Nel 1993 inizia a lavorare come assistente art director nell’agenzia di pubblicità Alta di Firenze. Nel 1997 entra in Saatchi&Saatchi a Milano dove rimane per 6 anni diventando Art director Senior. Dipinge dall’età di 6 anni, sempre con le mani, utilizzando acrilici che stende con le dita su tela. Le sue prime esposizioni però sono nel 2006 quando decide di portare allo scoperto i suoi lavori. È stato presente a Miart, a Arte Verona e ha al suo attivo diverse collettive e alcune personali.
“L’espressione artistica di Paolo Troilo si caratterizza per l’originalità del procedimento formale. Non sono pennelli e spatole gli strumenti di lavoro dell’artista, bensì le proprie mani: l’una sparge i colori ad acrilico, dispiegando contemporaneamente le cinque dita, l’altra sorregge il cellulare che riporta a modello della rappresentazione la fotografia del proprio volto.”
Ritratti di se stesso disperato
Paolo Trailo nasce a Taranto.
Frequenta l’Istituto d’arte, poi a Roma l’Istituto Europeo di Design, frequenta per cinque anni la facoltà di Architettura e di Lettere di Firenze. Nel 1993 inizia a lavorare come assistente art director nell’agenzia di pubblicità Alta di Firenze. Nel 1997 entra in Saatchi&Saatchi a Milano dove rimane per 6 anni diventando Art director Senior. Dipinge dall’età di 6 anni, sempre con le mani, utilizzando acrilici che stende con le dita su tela. Le sue prime esposizioni però sono nel 2006 quando decide di portare allo scoperto i suoi lavori. È stato presente a Miart, a Arte Verona e ha al suo attivo diverse collettive e alcune personali.
“L’espressione artistica di Paolo Troilo si caratterizza per l’originalità del procedimento formale. Non sono pennelli e spatole gli strumenti di lavoro dell’artista, bensì le proprie mani: l’una sparge i colori ad acrilico, dispiegando contemporaneamente le cinque dita, l’altra sorregge il cellulare che riporta a modello della rappresentazione la fotografia del proprio volto.”
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